mercoledì, dicembre 02, 2009

Figlio mio, lascia questo Paese

Come suonano male certe parole messe in bocca a chi lo potere lo amministra: perché nella lettera (provocatoria, ovviamente) che Pierluigi Celli ha scritto al figlio invitandolo a lasciare il Paese per cercare la sua strada professionale (qui il testo) troviamo tante affermazioni di buon senso (meritocrazia che non esiste, risultati che non contano - non quanto la rete di contatti quantomeno -, gestioni fallimentari che ottengono invece riconoscimenti positivi), ma pronunciate nel contesto sbagliato: perché tra le quattro mura dorate della casa di chi è qualcuno in Italia è facile - molto facile - trovare la strada spianata, avere opportunità (anche e soprattutto nel Belpaese) interessanti, fare carriera. Se l'avessi scritta io, quella lettera, non avrei certo potuto sperare di pubblicarla su La Repubblica: basta questo per fare notare come le parole di Celli (ripeto, condivisibili nel merito) perdano gran parte del proprio fascino a causa della penna di chi le scrive, del potere di chi le ha concepite...

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