sabato, settembre 26, 2009

Il lavoro che scompare

Dicono che di questa crisi il peggio è ormai passato. Forse è vero, ma certamente gli effetti dureranno ancora a lungo, soprattutto per quanto riguarda il lavoro: con un tasso di disoccupazione cresciuto notevolmente (pur rimanendo inferiore a quello che si registra nella maggior parte dei nostri partner europei) e destinato - così sostengono gli esperti - a mietere altre vittime nei prossimi mesi, saranno in centinaia di migliaia gli italiani che ricorderanno questo periodo come quello che li ha visti espulsi dal sistema produttivo. E con loro famiglie e parenti, perché il licenziamento raramente è un fatto privato, ma diventa un problema per tutti coloro che ci stanno accanto. Perdere il lavoro deve essere terribile: un fannullone - per dirla alla Brunetta - se ne infischierebbe (non ha un'etica del lavoro...), una persona per bene che ha sempre lavorato con impegno, invece, si sentirebbe cascare il mondo addosso, pensando probabilmente che c'è in lei qualcosa che non va, che è un po' anche colpa sua se le cose sono andate male (pensieri certamente non veri in un contesto come quello attuale).

Vedo tante aziende - con alcune di queste tanti anni fa sono anche stato in contatto (una mi offrì pure un contratto di lavoro che però non accettai) - che chiudono i battenti o ridimensionano pesantemente gli organici: io sono fortunato in questo, la mia azienda - che pure come tutte ha sofferto e soffre la crisi - ha limitato al minimo gli interventi sul personale. Altri lo sono stati meno, e magari oggi si ritrovano senza un lavoro e con grandi difficoltà a trovarne uno nuovo: perché anche se la crisi (finanziaria) è terminata, l'occupazione potrebbe impiegare parecchio prima di ritornare ai livelli del 2008...

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