mercoledì, marzo 25, 2009

Sì, è lui

Credo che questa sia la frase più comune quando si fa un riconoscimento: la si sente sempre nei film gialli, e probabilmente anche nelle questure avviene veramente così. Ma la storia insegna che è facile sbagliare: perché la memoria è labile, e - soprattutto quando i ricordi si limitano a pochi istanti magari vissuti sotto un fortissimo stress - non è detto che quello che si ricorda sia sufficiente a riconoscere veramente qualcuno o qualcosa. Eppure i testimoni (ancora più le vittime) di reati sono poi sempre così sicuri e decisi nelle loro affermazioni: forse perché - alla ricerca spasmodica di un colpevole - sono pronti a tutto pur di fare condannare qualcuno. E se le indagini della polizia individuano un sospetto, allora deve essere necessariamente lui: la polizia, del resto, fa il suo mestiere, e se ha identificato qualcuno avrà avuto i suoi buoni motivi! Eppure il caso di Racz dimostra quanto sia facile fare un riconoscimento totalmente errato: una persona che non assomigliava minimamente alle descrizioni fornite subito dopo i fatti dalle vittime e dai testimoni (a partire dall'altezza - di una decina di centimetri inferiore rispetto alla prime dichiarazioni - fino ad arrivare alla capigliatura: stempiato lui, con tutti i capelli l'aggressore...), che però è poi stato identificato senza ombra di dubbio da quelle stesse persone. L'onda dell'emotività, si dirà: erano sotto stress ed hanno quindi commesso un così clamoroso errore. Sarà, ma è una cosa pericolosissima: perché dimostra che a volte si può essere addidati di qualcosa senza alcun motivo, senza averne colpe, solo perché - dall'altra parte - si cerca qualcuno che paghi per quello che è accaduto. E - forse - il fatto che a pagare sia la persona giusta non ha poi tanta importanza...

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