sabato, giugno 30, 2007

Ancora la solita storia...

Ieri ho comprato il Corriere della Sera (di tanto in tanto lo faccio), e mi ha colpito un articolo nel quale si sosteneva che i laureati (neolaureati nel caso specifico) siano la categoria più richiesta dalle aziende. A sostegno di tale tesi si portava il forte incremento degli annunci sulla carta stampata relativi a ricerche di personale qualificato. A parte il fatto che non sono così convinto che il dato numerico sia corretto (mi ricordo che nel 2000 sul Corriere della Sera comparivano così tanti annunci di ricerca di personale qualificato che spesso l'edizione del Venerdì non era sufficiente ed alcuni annunci venivano pubblicati il Sabato), l'autore dell'articolo dimentica almeno due fattori:
  1. Il numero di laureati sta crescendo ad un ritmo impressionante (i dati ufficiali sono presenti nella sezione Statistiche del Ministero dell'Università e della Ricerca). Nell'anno solare 2006 i laureati sono stati 297 mila, mentre 8 anni prima erano appena 119 mila.
  2. Le condizioni occupazionali medio di ingresso dei laureati nel mondo del lavoro stanno peggiorando (oggi un contratto normale per un neolaureato è rappresentato da un contratto di inserimento con una retribuzione di 21-22 mila euro: nel 1999 la retribuzione di ingresso - con un contratto di formazione lavoro - si aggirava sui 40 milioni, ossia poco meno di 21 mila euro di allora; se consideriamo 8 anni di inflazione...)
La mia opinione in materia è che oggi la laurea IN MEDIA non paghi, nel senso che la retribuzione media del laureato sarà talmente vicina a quella di chi la laurea non l'ha mai conseguita da non recuperare mai i costi aggiuntivi sostenuti per laurearsi (entrare nel mondo del lavoro con parecchi anni di ritardo, avere costi aggiuntivi per lo studio ed il mantenimento eventualmente fuori sede, avere meno anni di contribuzione ai fini pensionistici, a meno di non riscattare a caro prezzo gli anni universitari, ecc.). Ciò anche alla luce del fatto che sempre più spesso - proprio per il crescente numero di laureati - il laureato viene adibito a mansione che un diplomato avrebbe potuto svolgere egregiamente. Perché allora spingere i giovani - con massicce opere di sensibilizzazione sui media (non passa giorno che un ministro o un presidente della Confindustria non dica "In Italia mancano laureati") - verso una Università che, mediamente, non riuscirà a fornire alcun valore aggiunto?

Che si tratti solo di un sistema per diminuire il numero di disoccupati ufficiali (che fa sempre comodo a chi governa) oppure di avere più laureati per poterli pagare meno (che fa sempre comodo a chi assume)?

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